venerdì 30 ottobre 2020

Su "Transiti poetici" di Giuseppe Vetromile

 

ALCUNE MIE POESIE SUL XVI VOLUME DI  TRANSITI POETICI


 RENATO FIORITO


Da Roma, la voce poetica di Renato Fiorito contribuisce a ricucire un mosaico storico-geografico dei luoghi dove maggiormente l’umanità appare sfilacciata e in precario equilibrio. Una poesia che rivolge la sua particolare attenzione agli emarginati, alle nuove problematiche scaturite dalle migrazioni di genti che inseguono sogni di speranza e di libertà. Renato Fiorito riesce, con i suoi versi intrisi di alto lirismo, a mettere a nudo queste dure realtà, attraverso un “viaggio” di denuncia nei luoghi più duramente interessati dagli abbandoni sociali ed umani.


Ballarò

Giocano con una palla di stracci
i ragazzi a Ballarò.
Imparano ridendo la disarmonia del mondo.
Come semi venuti dal deserto
giungono da ogni parte
a coprire vuoti,
secondo eterne leggi di sopravvivenza.
Rinnovano il sangue esausto
per altre primavere.
Accoglie la terra la fragilità dell’uomo
e ne riaccende la forza.
Non è straniero chi prima lo era,
né lo diventa chi a fine partita
prende il mare per portare altrove
la speranza.
Indispettito e arcigno osserva la partita
il vecchio che parla con la morte.
Non vuole vedere le mani robuste
che senza sosta intrecciano sogni
e ne fanno canestri
per raccogliere la vita.


***

Rosarno

Con coltelli e bastoni
inizia la caccia
nel vuoto indicibile
di nebbia e paura.
Alla Fornace di San Calogero
la morte è nascosta in cortile.
ragazzi assassini sono pronti
a sparare feroci.
Nel mirino c’è Sacko,
la sua colpa è un’idea di giustizia,
la vita un rivolo rosso
che l’aria scolora.
Dalle persiane scrostate
la brava gente osserva e non dice.
In strada è solo nera la rabbia.


***

Le buone maniere

Ecco: le buone maniere
le conosco tutte
compresi gli abbracci
quando servono.
Bevo il mio vino senza alzare la voce,
accompagno con gesti d’assenso
le vostre cazzate,
non vale la pena contraddirvi
se dite che i negri pisciano in strada,
rubano l’oro gli zingari
e gli arabi sono un pericolo
e bisogna cacciarli.
Poi lascio il piatto mezzo pieno
e me ne vado ringraziando
con un sorriso.
Ho bisogno di non incontrarvi per un po’.


***

.Gocciola dal tetto del cielo

Gocciola dal tetto del cielo la pioggia d’autunno.
Inzuppa la terra di voci e di croci.
L’anima si scolora dentro le nuvole
e si arrende al silenzio.
In ogni goccia si celano infiniti ritorni
e tristezze inaudite che non conoscevo.
Così nel sogno mi dici: “Ancora non mi odi?
Eppure dovresti.” No, ti rispondo, ed è vero.
La vita mastica lenta il dolore
e lo muta in rimpianto.
Per strade diverse consumo i miei giorni.
Nel cuore mi hai lasciato
un papavero rosso.



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