LEGÀMI - Poesie



"Legàmi" è un viaggio poetico nei sentimenti umani e della vita che scorre. Diviso in sei capitoli, inizia col parlare dei "fili" d'amore o di amicizia che incessantemente si intrecciano tra le persone per avere certezza di esistere e dare senso al nostro passaggio. Il secondo capitolo "euritmia" ha per tema il senso di perfezione assoluta e armonia che ci prende quando incontriamo l'altro e in lui ci riconosciamo. Il terzo parla degli "inganni" e delle prime crepe che lentamente si insinuano nel rapporto e che ne minano lo stato di felicità. E' per questo che nel quarto capitolo "Partenze" si manifesta il desiderio di sperimentare nuovi spazi, nuove situazioni, in cui riprenderci la libertà di andare.  Nel "L'ultima ansa" si parla del sentimento malinconico dello scorrere del tempo e della coscienza della sua finitezza. fino ad arrivare all'ultimo capitolo "Ferite", al tempo dei bilanci, alla necessità di rimarginare le ferite che il tempo e la storia ci hanno inferto, ma anche al tempo in cui il sentimento d'amore travalicando la singola persona, si rivolge all'umanità perché comprende meglio il suo dolore.   

Recensioni di Giorgio Taffon, Carmine Chiodo  e Antonella Antonelli




La silloge è acquistabile on line nei seguenti siti:
http://www.ibs.it/code/9788875372170/fiorito-renato/legami.html








Recensione di Giorgio Taffon, Docente di Letteratura italiana contemporanea e Letteratura teatrale italiana alla Università degli studi Roma Tre


Per i tipi di Lepisma esce la raccolta poetica di Renato Fiorito Legàmi, con una acuta e precisa prefazione di Dante Maffia, ed un altrettanto intelligente e sensibile postfazione di  Vera D’Atri. Ho conosciuto la poesia di Renato Fiorito innanzi tutto tramite il suo blog labellapoesia e ho intuito la sua “poetica” attraverso le nostre conversazioni in occasione dell’assegnazione del Premio Di Liegro di cui Fiorito è premuroso, generoso e infaticabile organizzatore.

Se volessi identificare precedenti tra i “padri” della poesia contemporanea italiana a cui rapportare il modus scribendi  del nostro autore, ricorderei  il grande Umberto Saba e la di lui apparente “facilità”, mentre, in fondo, è molto difficile raggiungere un’asciuttezza e una sintesi espressiva di alto livello, come le ha raggiunte Saba, ma anche, fatte le inevitabili dovute proporzioni, pure Renato Fiorito. Anche Legàmi, come afferma lo stesso Maffia, è un “canzoniere”, canzoniere d’amore dove prevalgono figure femminili, spesso “salvifiche”, come accade nella poesia di un altro padre quale Montale. D’altra parte il titolo stesso, che gioca anche, con spostamento d’accento, con la voce verbale del <legare>, allude etimologicamente  e semanticamente a un religione dell’amore umano in generale: religione, religare, legare.

Di certo, come sottolineano Maffia e Carmine Chiodo (quest’ultimo in altra sede), la poesia di Fiorito è anche una “confessione” a fior di labbra, legata a percorsi strettamente e profondamente esistenziali, che distilla ogni parola, ogni verso, rastremandone e sintetizzandone, a volte con fulminee riflessioni a chiusura componimento (= apoftegmi), gli orizzonti sentimentali, etici, espressivi, ed appunto esistenziali.

Non c’è dubbio che per arrivare ai risultati a cui è giunto Fiorito nella sua silloge, occorre un notevole labor limae, una capacità di controllo continuo della costruzione del verso, dell’uso del lessico, della costruzione prosodica e metrica,  Tale elaborazione formale mi fa capire che il poeta è innanzi tutto un assiduo e attento lettore di poesia, altrimenti difficilmente avrebbe maturato una notevole consapevolezza della tecnica espressiva necessaria a “creare” poesia, a “fare” poesia. Ad esempio, ho notato come l’autore non ha rinunciato a livello metrico, all’uso della rima, ma, per evitare una troppo facile eufonia, ricorre alla rime, alle assonanze e consonanze, non frequentemente, “nascondendole” in qualche modo, e cioè collocandole raramente a fine verso: dimostrazione di una sensibilità non attardata su moduli in buona parte desueti o consunti.

Inoltre l’attentissima elaborazione del Fiorito ha portato all’ideazione di figure retoriche quasi sempre molto ben “giocate” nella topica del componimento, e quasi mai scontate nell’immagine che ne deriva: questo in particolare per quanto riguarda metafore ed analogie:

“Un cormorano grida conficcato nel cielo […]” (Playa Pilar); “ Srotolano [gli amanti] forse gomitoli di buio” (Sera di coriandoli); “e ho sentito il respiro bianco della terra aprirsi / al canto della cinciallegra.” (La neve).

Gli esempi di valore naturalmente potrebbero essere tanti, e aggiungo anche che figure retoriche quali la “personificazione” e la “similitudine” son quasi sempre all’altezza di un immaginario che cattura immediatamente l’attenzione del lettore.


Anche la strutturazione generale della raccolta mi sembra molto ben calibrata, divisa com’è in 6 “sezioni” ( Fili Euritimia Inganni Partenze L’ultima ansa  Ferite ), che agglutinano tematicamente i vari componimenti e che fanno trasparire sottotestualmente personali vicende esistenziali.  A mio parere il culmine di quel tropismo che sempre deve “collegare” (cum ligare) lettore e poeta viene raggiunto in particolare in Inganni Partenze L’ultima ansa.



Recensione del Prof. Carmine Chiodo
Docente di letteratura moderna e contemporanea all'Università di Tor Vergata – Roma.


Varietà tematica e linguistica caratterizzano questa silloge poetica di Renato Fiorito: l'amore senz'altro occupa un posto centrale, ma affiorano pure altri "legàmi" che la vita offre o che nella vita si stabiliscono. Fiorito è un poeta chiaro e non va dietro a mode e ermetismi o sperimentalismi vacui e sterili. Nella sua poesia continua è la ricerca espressiva e le immagini che ne derivano sono sempre limpide.

Al riguardo faccio alcune citazioni :"Nel buio di un auto /cade un bacio sulla bocca/come un fiocco di neve" (Nell'auto,p.75), oppure "Viaggia su binari d'argilla /il mio treno, non conosce stazioni/ ha solo pali e fili che gli corrono incontro /e il ricordo di un incurante addio." (Il treno - stessa pagina). Metafore, similitudini, analogie ben costruite rispecchiano un sentire interiore, racchiuso in ritmi narrativi distesi e poetici che scavano nei sentimenti, nei legàmi, appunto, che di volta in volta si intrecciano. Affiorano anche situazioni di incomunicabilità, di vuoto senza tragedia, come nella poesia “Al bar" (pag71): “Abbiamo poggiato i gomiti sul tavolo./Tra le mani e il caffè è diventato freddo./ Con le dita ti aggiusti i capelli /e sorridi distratta /Non deve esserci costato troppo /se possiamo andar via senza rimpianti".

Fiorito sa scendere nella profondità delle relazioni e dei sentimenti, e lo fa con estrema delicatezza e con ritmo suadente che s'accompagna a sussurri di voci, a espressioni calme, quiete.

Si capisce che egli ha lavorato molto sui suoi testi prima di arrivare a questi ottimi risultati e rese poetiche. Mi sembra notevole, ad esempio, un testo come “Anniversario”in cui sono descritti i vari aspetti e passaggi di una vita in comune: "Una vita è fatta di abitudini / che scandiscono la giornata/ di insofferenze e stanchezze/ e di cenere che si accumula sul fuoco " e alla fine: "Una vita insieme non la puoi cancellare,/ è quello che abbiamo ,/è quello che siamo /e che non si può raccontare /perché è tutto e niente. /Sono i diecimila giorni e più/ che sono stati dimenticati/ e sono diventati come un unico giorno /che ha messo radici nel cuore,/ con pensieri e parole e qualcosa di più,/ e rabbie e amore e qualcosa di più/ e profumi e sorrisi e qualcosa di più./ Molto di più" (p.93).

Nei testi tutto è ben proporzionato e amalgamato: le metafore, le analogie, i paragoni si susseguono con spontaneità e leggerezza, e questo, secondo me, è uno dei tanti pregi di questa silloge poetica.

Un testo notevole è quello che racconta della vita di Pedro Rodriguez, che faceva il cuoco alla Moneda per il Presidente cileno Salvador Allende: "Non posso più dimenticarlo quel giorno /quando ci mandò via /mentre gli aerei sorvolavano la Moneda /e le mura tremavano, /e tutti credevano di dover morire". Allende poco prima di essere ucciso aveva convocato i dipendenti e li aveva salutati stringendo loro la mano. Per quella stretta di mano l'umile cuoco venne perseguitato e la sua ragazza scomparve. Passa il tempo e tutti dimenticano che Pedro aveva fatto il cuoco alla Moneda e stretto la mano a Salvator Allende, anche se nelle sue mani "porta ancora il suo cuore / e la vergogna per averlo lasciato solo".

Le parole che formano queste poesie di Fiorito sono completamente liberate dal cuore e sono parole che volano leggere e umanissime e dicono ampiamente la disponibilità verso gli altri; si leggano ad esempio testi come Vestiti,Troppo rosso è diventato il cielo, Improvvisamente, Questa notte, Fili, Il vento soffia felice.

Suggestivi e penetranti sono anche i versi di “Morte della poesia”: “Muore la poesia negli angoli dimenticati delle librerie,/ i versi dei grandi giacciono inascoltati /coperti da uno strato di silenzio, /del resto hanno poco da insegnare/ ai pochi squattrinati che li sfogliano distratti".

Più si va avanti nella lettura della silloge e più ci si imbatte in soluzioni linguistiche pregevoli, come la seguente: " Con mani da seminatore ho sepolto i pensieri /tra le rughe della terra /e li ho lasciati marcire /in questo tempo circolare che ogni cosa trasforma /compreso l'amore" (v. Fuori stagione).

Il poeta si confessa, e lo fa con naturalezza e sincerità: Non è facile trovare un senso alla vita /se ogni strada si perde nel buio /e gli amori che così essenziali sembravano /vengono dimenticati nell'indifferenza"(Il lato oscuro,p.61). Egli insomma, raccontando la vita, la sua e quella degli altri, parla con il cuore e arriva con grazia anche a quello di chi legge :"Legàmi le mani, amore mio,/ legami il cuore,/ e trascinalo vivo, tra la folla/ mentre frusti i cavalli del tempo /che tutto consuma(...)". (Legàmi).


Sono sicuro che Renato Fiorito, apprezzato e interessante romanziere e narratore, ci darà altre sillogi poetiche, parimenti belle e originali come quella di cui ho parlato in questa nota. Egli non ha fretta di pubblicare, non è smanioso delle luci della ribalta, lavora in silenzio, tenacemente, e raggiunge ottimi risultati artistici. Questo, secondo me, dovrebbe essere il comportamento di ogni buon poeta e narratore.



Recensione della poetessa Antonella Antonelli, autrice delle raccolte poetiche: "Da crisalide a farfalla",  "In una notte lunga di un giorno che non conta" e "Sullo stanco mantra" 
Legàmi.

Prima di tutto c’è questo, il legame.


Niente e nessuno esisterebbe senza un cordone che ci ha tenuti legati alla vita e all’oggetto amato.

Renato Fiorito ce lo ricorda con una convinzione incatenante e musicale e, come il pifferaio, ci induce a seguirlo in un libro interiore che tira i fili dei sentimenti mentre lega i piedi ai segreti, alle perdite, al viaggio, all’amore.

Legàmi è un piccolo tesoro.

Si apre e si lascia piacevolmente leggere una prima volta, con una leggerezza d’aquilone (tanto caro al poeta), tra un sospiro e un sorriso, attraverso le righe piene di immagini comuni che assumono significati regali tra le pagine. E anche se le “ferite” rimarginate, tornano a sanguinare, a fare male nell’empatia dei ricordi, troviamo la risposta: “bastano le tua mani, i tuoi passi” e le parole di un bravo poeta a farci sentire meno soli.

Posiamo il libro sul comodino soddisfatti, e sogniamo di volare, di incontrare uomini straordinari, di ballare un ultimo ballo con la malinconia dell’inganno…

Ma qualcosa ci sembra di aver perso, e si torna con curiosità a cercare tra le parole una stella, una casa nuova, la pioggia, quella pioggia che anche a noi, ora, sembra triste, e ci si ripara in quella casa nuova sbirciando e accarezzando con il soffio della riconoscenza e del sentimento le piccole rughe rassicuranti di chi ci è stato sempre accanto.

Si posa il libro sulla mensola e si spegne la luce.

Ma dopo qualche tempo si cerca di nuovo. Lo abbiamo posato con troppa fretta.

C’è ancora da sbirciare, nuotare, volare.

Ci sono le belle bugie a cui siamo avvezzi al punto di dimenticarle, le curiosità che ci fanno stupire, le sofferenze che tanto ci appartengono.

E proprio quando rileggiamo “Muore la poesia”, ci ritroviamo a pensare che no, amico mio, nostro, la poesia non può morire se ci sono ancora poeti così delicati da ricordarci senza forzature e voli carpiati che forse sì, “Bisognerebbe partire”, ma se non possiamo farlo davvero, una bella poesia ci fa volare e ci tiene legati all’anima con un filo di canapa.








Nessun commento:

Posta un commento