sabato 15 novembre 2014

Vera D'Atri: Recensione di "Legàmi"

VERA D'ATRI 

/Trattengo il respiro/, scrive l’ultimo pescatore di perle.  I pescatori di perle sono finiti/ io sono l’ultimo/. 
Così l’autore di questi versi, spingendosi cautamente ad imitazione del moto ondoso, come appunto accade ai corpi in immersione, fruga nel profondo che sottintende il mare, sapendo che nel suo instancabile tentativo incontrerà qualcosa che lo renderà felice. La sua perla. Da questo si sente attirato, dal segreto ben custodito, il suo segreto. Trattiene il respiro e aspetta che la conchiglia si schiuda. Nel frattempo abitua i polmoni. Una fatica cui si sottopone per un’estrema urgenza.
Per renderci conto dell’esattezza di questa metafora basta leggere tra le righe di queste poesie mai violente, delicate, come fossero omaggi a ciò che dà vita alla ricerca e che si concludono quasi tutte con un improvviso, magico, incontrarsi. Nei testi Renato Fiorito evita gli eccessi, procede quasi con timidezza: /il rosso di un fiore che farebbe poesia/. Accenna a domande intrise di gioiosa complicità: /uscirai anche tu a guardare la luna? 
Nulla di spaventevole appare nella sua tristezza, misura le emozioni,  racconta storie di vite senza tragedie, di vite che si tengono al largo, come nella poesia Al bar: /non deve esserci costato troppo/ se possiamo andar via senza rimpianto/.
Forse tutto questo è frutto di contemplazione. Gli anni sono passati e bisogna dire “Non voglio ali” per dimostrare che si è ben consapevoli, che si è saggi, che decidiamo di noi attraverso una esperta comprensione.
C’è inoltre, in queste composizioni, una passione per l’altro, per gli altri, una forma di totale disponibilità, un sentimento pieno di rigoglio che sa tenere assieme amore ed amicizia, quasi una benevola candidatura a rappresentare il fulcro per la persona amata, e di amori ormai trascorsi chi scrive sembra non aver perso proprio nulla, conservando di essi ogni istante, ogni irrilevanza o luce di sguardi che ancora resistono vivi e attuali. Ecco spiegare tutto questo con un verso molto efficace: /Molte vite vorrei/ perché nessun filo/ fosse spezzato/.
E nella poesia è possibile avere molte vite. E’ la poesia una veloce e illimitata procedura di acquisizione e di riconoscimento, di spazi rarefatti e di spazi quasi instancabilmente resi anima. Una delle liriche più belle della raccolta, a mio parere, parlando del virtuale con un’indovinata analisi esprime benissimo tale propensione: /Il corpo non importa, puoi inventarlo/ poiché nell’azzurro virtuale/ solo i pensieri si abbracciano./ Non è così che avviene in paradiso?/
Dunque leggerezza, semplicità. Dunque quel provare e riprovare a non pretendere che verità, come nella poesia  “Anniversario” e a volte quel mettersi a sbirciare da un nascondiglio, facendo narrare la Storia da un piccolo cuoco cileno. Brano dove appunto la terribile morte di Allende viene fatta raccontare con molta emozione da qualcuno che la Storia mai utilizzerà nei suoi capitoli, nelle sue gallerie affrescate da glorie, trionfi e orrori. Ma è proprio questo voler occupare un posto secondario, questo farsi piccolo di fronte ai macigni dell’esistenza che spiega il modo in cui Renato Fiorito si approccia agli eventi.
Non bisogna avere ali, l’abbiamo già detto. In queste poesie si cammina, si guarda, si chiede qualcosa di dolce, di estremamente sottile, una complicità.
Spesso queste poesie ricordano, fanno parte di una rielaborazione, una rielaborazione che probabilmente agisce di frequente, con assiduità. Tornano all’accadere come a voler riprendere ciò che al momento era rimasto in disparte, una dimenticanza che ha lasciato un vuoto. Poesie che rendono al passato il merito di aver saputo generare il presente e di averlo fatto scaturire così com’è con la necessaria distanza, con quel distacco che solo può renderle capaci di parlare.    
Ma è anche vero che: /Le cose compiute/ sono altro da noi/. E pertanto tornano al segreto dal quale sono fuggite.  E anche noi in conclusione torniamo al segreto, a quello che si è affacciato, qui, nel tempo della lettura e che è per tutti quanto più sappiamo amare di noi stessi.

                                                                                                                                         Vera D’Atri 



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