mercoledì 9 luglio 2014

Prof. Dante Maffia Recensione di "Legàmi"


RECENSIONE DI DANTE MAFFIA

Lo scrittore Dante Maffia nella prefazione alla silloge scrive: 

"Questo libro di Renato Fiorito è la prova lampante che la lirica è ancora fiorente e viva e che può dare altri doni se, ovviamente, utilizzata con parsimonia e con rinnovati ardori e, soprattutto, con rinnovati ritmi e linguaggio nuovo.
Mi pare che Renato Fiorito lo sappia fare e che affrontando gli argomenti, che sono poi quelli della sua esistenza e del suo quotidiano, riesce a darci uno spaccato ben visibile e godibile di ciò che sono i sogni, i desideri, le speranze, insomma il fluire della vita.
Non si butta a capofitto nelle astruserie e rispetta il senso del ritmo e della musica in modo che i sentimenti siano scanditi con leggerezza e con compattezza.
Il titolo del libro fa riferimento a una delle composizioni d’amore e devo dire che insistentemente nel libro si parla d’amore, ma con quel tono incantato e lieve che sempre dovrebbe accompagnare chi si occupa di una emozione così importante e così immensa:


“Legami le mani, amore mio,
legami il cuore,
e trascinalo vivo tra la folla
mentre frusti i cavalli del tempo
che tutto consuma
inseguendo altri sogni
che mi fanno morire,
ma non abbandonarlo
all’incongruenza del buio
poiché troppo vasta è la notte
se tu te ne vai”.

E’ soltanto un esempio di come il poeta sa affrontare i temi riuscendo a non coprirli di nessuna patina di ipocrisia.
Credo che dall’intero volume venga fuori una poetica suggestiva e accattivante imperniata sul concetto d’amore ampiamente inteso e mi pare un fatto importante, specialmente oggi che il mondo sembra essere diventato cieco e sordo ai richiami della bellezza, del rispetto e della bontà.
L’andamento delicatamente discorsivo dei versi porta facilmente il lettore all’interno di un mondo fatto di lealtà, di legami, per dirla con il titolo di Fiorito, che sono ineludibili ormai in una società che ha perduto la bussola.
Credo che la poesia debba avere anche il compito di svegliare le menti e i cuori e portarli alla fonte del senso, altrimenti si fanno soltanto sperimentazioni linguistiche e niente altro.
Il merito di Fiorito è quello di avere saputo tenere fede a se stesso e di avere saputo confessarsi con candore, in modo da arrivare al cuore di chi lo legge senza orpelli. Evidente che appaiono gli stilemi di una grande tradizione e spingano ad adesioni e ad analogie che conducono alla casa degli archetipi, ma la sfida è proprio in questo restare nel solco disubbidendo, di far rivivere la tradizione distorcendo un tantino la traiettoria. Mi pare che Renato Fiorito, in questo panorama caotico e rumoroso del popolo dei poeti odierni, meriti attenzione e proprio perché ha scelto la strada dolce e piana del dire quasi sottovoce, anche quando si tratta di lacerazioni d’amore, quando si tratta di addii e di abbandoni.
Tutto il canzoniere, come altro chiamarlo se non  con il titolo di Petrarca, ha una nota di malinconia, di incanto e di disincanto e Fiorito ci si culla dentro, immerso nei languori, nei dispiaceri e nelle esaltazioni:

“Ma ora che dal monte
sorge lenta la luna
ed esausto scorre ormai il desiderio
vorrei che la notte
avesse dita pietose
a lacerarmi il cuore”.

                                                                      Dante Maffia 










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